domenica 25 gennaio 2015

IL RITROVO DELLE VOLONTARIE

Venerdì 16 gennaio presso il ristorante La Baracca di Trebaseleghe si sono ritrovate per una spensierata serata conviviale, una trentina di volontarie. Fra queste una decina nel corso dell'anno realizzano i meravigliosi manufatti esposti poi negli stand in occasione delle manifestazioni. Le altre con generosità hanno offerto parte del loro tempo libero per il confezionamento dei pacchi dono dei clienti del centro commerciale Emisfero, in occasione delle feste Natalizie.
L'Associazione è riconoscente alle generose volontarie che con il loro lavoro contribuiscono al finanziamento dei nostri numerosi progetti.


Grazie anche al ristorante che le ha ospitate  con altrettanta generosità.










mercoledì 21 gennaio 2015

10 GENNAIO 2015 GIANNI E' DIACONO


Lo scorso 10 gennaio un folto gruppo di Amici per l'Africa di Trebaseleghe, ha avuto l'onore di partecipare all'ordinazione a Diacono del nostro Amico e socio fondatore Gianni Benetollo.

Presso il centro dell'Opera della Provvidenza Sant'Antonio a Sarmeola di Rubano, nella meravigliosa cornice della chiesa gremita in ogni ordine di posti, celebrante il vescovo di Padova Mons. Antonio Mattiazzo, è stato ordinato Diacono il nostro Amico Gianni, assieme ad altri quattro confratelli che andranno ad aggiungersi agli altri 46 diaconi della diocesi di Padova.

Durante la toccante cerimonia si sono viste lacrime di commozione sia fra i partecipanti che fra i nuovi ordinati.

All'amico Gianni che speriamo di avere ad un nostro prossimo incontro, per raccontarci la sua esperienza, un sincero augurio di buon Ministero da parte di tutto il gruppo degli Amici per l'Africa di Trebaseleghe che gli saranno sempre vicini.







venerdì 2 gennaio 2015

CENTRAFRICA: UNA MISSIONARIA COMBONIANA DELLA DIOCESI DI VICENZA


Chiesa nel mondo 


membri del gruppo degli anti-Balaka - ANSA

Paese instabile, troppa impunità

31/12/2014 03:09
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Il 2014 si conclude per la Repubblica Centrafricana con un bilancio in chiaro-scuro. Alle speranze seguite all’elezione di Catherine Samba Panza a presidente delle Repubblica e all’invio della missione internazionale incaricata del disarmo delle forze in conflitto, è seguito un graduale processo di disillusione da parte della popolazione. La situazione nel Paese è disomogenea, con ampie aree fuori dal controllo del governo centrale e senza che l’operazione disarmo sia andata effettivamente in porto. La criminalità e le azioni violente si moltiplicano, mentre la gente cerca di sopravvivere come può, in una quotidianità segnata dall’incertezza. In tale quadro si pongono le istanze religiose, utilizzate spesso dalle parti in conflitto per fomentare odi ingiustificati. Sulla situazione nel Paese riferisce suor Elianna Baldi, missionaria comboniana della diocesi di Vicenza, in Repubblica Centrafricana da tre anni, raggiunta telefonicamente a Bangui da Lucas Duran:
R. – Io vorrei farmi portavoce del sentimento diffuso tra la popolazione e anche tra noi missionari di un fallimento sostanziale, di una grande delusione. La grande attesa, infatti, era quella di un disarmo che potesse creare le premesse della pace. In realtà, il disarmo non c’è stato e dappertutto ci sono ancora armi di ogni genere. Pensate che ci sono ragazzini che  girano con le granate. La situazione è proprio quella di un Paese che vive nella precarietà. Ma mentre a Bangui la vita sembra riprendere, il Paese si potrebbe definire diviso: una parte a nord, nordest, è tuttora sotto il controllo dei Seleka ed è molto difficile entrare, lo Stato è completamente assente. In altre zone, c’è il banditismo dei gruppi ribelli, quindi gli spostamenti sono molto difficili. Vi sono zone, tuttora, che soffrono molto, che sono abbandonate. Il Paese in generale è ancora nella precarietà e nel dubbio abbastanza forte riguardo al futuro. I salari sono pagati col contagocce. Il costo della vita è aumentato tantissimo nei beni di prima necessità e figura ancora una grande crisi alimentare. La vita per la gente è difficile: negli ospedali c’è spesso rottura degli stock di medicinali. Dati, per me significativi sono il fatto dell’aumento, per esempio, di tre volte delle patologie psichiatriche, che sono il segnale di una difficoltà per una certa parte della popolazione più fragile, in conseguenza di tutte queste uccisioni, di tutta questa spoliazione della popolazione. Ci sono ancora decine di migliaia di sfollati, che non possono tornare a casa, perché non hanno più una casa.
D. – Quali sono i rapporti tra la comunità cristiana, quella musulmana e altre professioni, che sono rappresentate in Repubblica Centrafricana?
R. – Anche qui la situazione è complessa. Se guardiamo i leader di questi gruppi religiosi, in particolare la piattaforma religiosa, potremmo dire ci sia una volontà di dialogo ed uno sforzo in questo senso. Non possiamo dimenticare i cristiani o i musulmani, che sono stati rigettati dalle loro comunità, per il loro desiderio di dialogo. Ma se vogliamo essere onesti e guardare il sentimento più generale della popolazione c’è ancora una difficoltà di accettazione dell’altro se di una religione diversa, in particolare tra cristiani e musulmani. La ferita è molto profonda. Si stanno facendo sforzi, perché si moltiplicano le formazioni sulla coesione sociale, sulla riconciliazione, ma il cammino è molto lungo. L’impunità è uno dei grandi ostacoli che sta anche ritardando questo processo di riconciliazione. Tutti quelli che hanno fatto del male in un campo o nell’altro restano impuniti e la giustizia è, comunque, la base della riconciliazione e del perdono.
D. – Voi comunque siete riusciti quest’anno a fare il vostro pellegrinaggio diocesano annuale…
R. – L’anno scorso, in effetti, quando ci sono stati i massacri si stava preparando un pellegrinaggio al Santuario mariano a 23 km da Bangui, e quando gli anti Balaka hanno invaso la città e hanno causato gli scontri tra Seleka e anti-Balaka ci sono stati dei giovani che sono rimasti bloccati in quella zona e il pellegrinaggio non è stato fatto. Quest’anno, nonostante molte persone abbiano avuto paura e alcune non siano venute, grazie al supporto militare dell’Onu, che ha reso sicuro il percorso e che è rimasto presente anche nei giorni del pellegrinaggio, abbiamo potuto riunirci con le comunità cristiane. E’ stato questo, veramente, un segno di speranza e di volontà di futuro. Sarebbe stato meglio poterlo fare senza essere scortati, sarebbe stata la cosa più bella e il segno più forte, ma abbiamo dovuto farlo ancora una volta scortati. La pace, però, si può raggiungere sicuramente solo progressivamente. Io vorrei riprendere le parole del Papa di questi giorni, che mi hanno molto colpito per la nostra situazione, e vorrei che arrivassero al cuore di ogni responsabile politico e religioso di questo tempo. Il Papa ci dice che quando l’umanità è consumata e non può andare avanti è allora che la grazia arriva e la creazione consumata cede il passo alla nuova creazione. Questa è la mia grande speranza, il mio grande augurio: che una nuova creazione, anche in Centrafrica, sia realizzabile in poco tempo.