2 marzo 2017 Ci ha fatto visita padre Silvestro
Nei giorni scorsi ci ha fatto visita
il nostro amico Congolese Padre Silvestro.
Con la morte nel cuore ci ha aggiornati sulla
terribile situazione in cui vivono i suoi connazionali, lasciandoci pure una testimonianza
orale e una testimonianza che pubblichiamo
con qualche foto che testimoniano le
violenze gratuite fatte alla popolazione inerme da parte di guerriglieri
prezzolati.
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PADRE SILVESTRO |
Nella Repubblica Democratica del Congo.
La paura e l’impunità
di FAUSTA SPERANZA.
Non si placano le violenze e gli scontri nella Repubblica
Democratica del Congo. Nel fine settimana nella regione del Kasai centrale i
miliziani hanno saccheggiato il seminario maggiore di Malole di Kananga rubando
e distruggendo, nella capitale Kinshasa è stata violata e rapinata la parrocchia
di San Domenico nel Nord Kivu sono stati massacrati 25 civili. Non è una guerra
formalmente dichiarata ma il paese africano certamente non vive in pace, come
ricordato Papa Francesco all’Angelus di domenica, denunciando violenze e
brutalità che colpiscono anche tanti bambini, strappati alle famiglie e alla scuola
per farne soldati. Si vive nella paura e nel caos regna l’impunità per le
razzie perpetrate per le convivenze che permettono il traffico illecito di armi
e di preziose materie prime, di cui il paese è ricco. Impunità per lo stallo
politico, con un Presidente che ha concluso il suo ultimo possibile mandato
senza che però si riescano a svolgere le elezioni, e impunità per una comunità
internazionale che da mesi ripete che il martoriato paese Africano è sull’orlo
di un nuovo conflitto globale ma non fa niente. Di sicuro c’è solo il fatto che
nella Repubblica Democratica del Congo è in gioco l’instabilità di tutta la
travagliata regione dei Grandi Laghi rischio è che si ripeta quanto avvenuto
tra il 1998 e il 2003. Quando sei paesi africani hanno preso parte a quella che
è stata definita la guerra mondiale africana, 5 milioni e mezzo di morti.
Presidente e parlamento sono fuori tempo massimo dal 19 dicembre, il voto
previsto entro novembre è stato rimandato per questioni legate alle liste
elettorali e alle consultazioni locali e provinciali. Di fatti Joseph Kabila
resta al comando divenuto presidente in
seguito all’assassinio di Suo padre Laurent- Desirè Kabila il 16 gennaio 2001, ha compiuto i due
mandati consecutivi consentiti dalla Costituzione. La sua presidenza è la più
lunga della Repubblica nata dopo 32 anni di dittatura di Mobutu, arrivato al
potere nel 1965 con un colpo di stato e deposto nel 1997. Facendo un passo indietro, per oltre un secolo la
storia di questo paese vittima di un colonialismo crudele è stata condizionata
da guerre, carestie ed efferate razzie compiute per accapararsi le preziose
materie prime di cui il territorio è ricco. La prima vera esplosione di
sfruttamento e criminalità si è avuta per la raccolta di caucciù di cui andavano
ghiotte le fabbriche nel boom industriale. In seguito è stata caccia ad avorio,
oro, diamanti. Più di recente si uccide per petrolio e coltan, così prezioso
per i telefoni cellulari. Oggi, Joseph Kabila resta, nonostante le ripetute manifestazioni
per chiedere che lasci il potere, sfociate a settembre in scontri con la
polizia e costati la vita di almeno 44 persone. Non è il solo nell’area. In
Ruanda Paul Kagame, dopo un referendum che ha autorizzato la cancellazione del
limite di due mandati, si è ricandidato per la terza volta per il voto quest’anno.
In Burundi, Pierre Nkurunziza ha forzato la stessa regola nel 2015. Tutte
situazioni potenzialmente esplosive. Intanto, proprio la provincia congolese
che confina direttamente con questi paesi, in Kiwu ospita trafficanti di ogni
etnia e vive periodici saccheggi e massacri- Si intrecciano i linguaggi ma spesso
la popolazione locale riferisce gli aggressori che si esprimono in lingala, la
lingua dei soldati. Le organizzazioni umanitarie denunciano che lo stupro,
anche di bambine piccolissime, è l’arma più diffusa per spargere terrore e
odio. Segno di una disumanità alla quale essere solo spettatori significa essere complici.
Abbiamo delle foto e dei video che per questione di privacy e di atrocità è stato deciso di non pubblicarli.
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