aprile 24,
2013 - 16:08 CENTRAFRICA
RIBELLIONE NEL MIRINO DELLA
CPI, NEGOZIATI SULLA TRANSIZIONE
“La situazione in Centrafrica si sta
deteriorando ogni giorno di più e il numero dei civili vittime di crimini gravi
non fa che aumentare. I
centrafricani hanno fin troppo sofferto, quindi non esiterò a processare chi è
responsabile delle loro sofferenze”: il procuratore della Corte penale
internazionale (Cpi) con sede all’Aia potrebbe aprire un’inchiesta sulle
violazioni dei diritti umani commesse nel paese dopo il colpo di stato del 24
marzo che ha portato al potere la ribellione della Seleka. “Stiamo esaminando
da molto vicino tutte le denunce di crimini per i quali la Corte è competente.
Il nostro mandato consiste nel porre fine all’impunità per crimini come questi
e la nostra competenza si estende a tutto il territorio centrafricano” si legge
nel comunicato a firma del procuratore generale, la giudice gambiana Fatou
Bensouda.
Le dichiarazioni che arrivano dall’Aia trovano
conferma nelle notizie giunte dal terreno. A Bangui sono scesi
per le strade gli autisti dei taxi-bus e altri mezzi di trasporto per
denunciare il perdurare dell’insicurezza e delle esazioni ai danni dei
lavoratori e della popolazione. Al potere da un mese, il nuovo uomo
forte del Centrafrica designato presidente, Michel Djotodia, non è ancora
riuscito a ristabilire la calma nella capitale e nelle altre città controllate
dalla coalizione ribelle. In più quartieri di Bangui sono state denunciate
aggressioni da parte di uomini armati della Seleka che assaltano taxi e
trasporti pubblici, derubano autisti e passeggeri e causano danni materiali. I
ribelli hanno anche attaccato l’emittente privata ‘Radio Ndeke Luka’ dove gli autisti
si sono riuniti per rilasciare testimonianze ai giornalisti, minacciando di
distruggere la sede se dovessero venire diffuse.
Dal 24 marzo sono continuati i saccheggi di abitazioni private, infrastrutture pubbliche,
agenzie umanitarie e istituzioni ecclesiali, bloccando di fatto la ripresa
delle attività economiche e dei servizi. Ieri è stato attaccato l’edificio del
ministero degli Esteri e di notte vengono ancora segnalate incursioni nelle
case private. Il nuovo potere, dietro pressioni dei paesi dell’Africa centrale
e della comunità internazionale, ha vietato ai combattenti di circolare armati
per le strade e sta cercando di raggrupparli in caserme. Un compito arduo
considerata la mancanza di mezzi a disposizione in termini finanziari e di
forze di sicurezza. L’emittente ‘Ndeke Luka’ ha inoltre riferito di una
situazione critica a Yaloké, città a 225 km a nord-ovest di Bangui, “assediata
da ribelli sudanesi che si presentano come esponenti della Seleka” e dove la
popolazione “sta cercando di difendersi”.
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