maggio 3,
2013 - 19:15 CENTRAFRICA
“UN PAESE A TERRA”,
TESTIMONIANZA DA BANGUI
A cinque settimane dal colpo di stato che ha
portato al potere la ribellione Seleka, la situazione rimane “molto instabile”
e “preoccupante”: testimoni locali della MISNA contattati a Bangui riferiscono
di saccheggi, arresti extragiudiziari e esecuzioni sommarie che “ci fanno
vivere nella paura”. Anche se
per le strade della capitale si vedono meno ribelli della coalizione guidata
dal nuovo presidente Michel Djotodia, non vuol dire che “siamo tornati alla
normalità, anzi più le settimane passano più le nostre speranze diminuiscono. Ormai il Centrafrica è un paese a terra” dice una fonte religiosa
anonima per motivi di sicurezza. “La scorsa settimana mi hanno arrestato
con una scusa assieme ad un mio confratello. Ci hanno maltrattato e hanno
cercato di derubarci macchina e cellulare, poi per fortuna c’è stato un
intervento dall’alto e siamo stati liberati” prosegue l’interlocutore della
MISNA. “All’80% i ribelli che si trovano a Bangui non conoscono la città perchè
sono stranieri, ciadiani e sudanesi, quindi parlano arabo e non sanno una
parola di sango. Sono organizzati in gruppetti diretti da generali ma non
esiste alcun comando unificato quindi di fatto la direzione della Seleka non ha
alcun controllo sulla base. E’ questa è una cosa che ci preoccupa molto” dice
ancora la fonte locale, confermando un fatto già emerso nelle scorse settimane.
“Le scuole e le pubbliche amministrazioni sono chiuse
a causa dei saccheggi su vasta scala commessi nelle scorse settimane mentre le
casse dello Stato sono vuote. Chissà quando i bambini torneranno a studiare”
conclude la fonte della MISNA. Secondo dati diffusi dal Fondo Onu per l’infanzia (Unicef), almeno un
milione di bambini centrafricani non può andare a scuola sia nella capitale che
nelle principali città. L’Unicef ha imputato la crisi dell’istruzione alla
distruzione massiccia delle infrastrutture, all’insicurezza diffusa e al
mancato pagamento degli stipendi degli insegnanti.
Stabilità, sostegno finanziario alle nuove
autorità di Bangui e ritorno all’ordine costituzionale sono le tre
problematiche al centro di un nuovo vertice straordinario in corso a
Brazzaville, capitale della Repubblica del Congo, in presenza dei membri del
Gruppo internazionale di contatto per il Centrafrica. Alla riunione convocata dai paesi
dell’Africa centrale partecipano il mediatore regionale, il presidente
congolese Denis Saasou Nguesso, e il suo omologo sudafricano Jacob Zuma. Gli
Stati membri della Comunità economica dell’Africa centrale (Ceeac) sono invece
rappresentati da ministri. Vengono anche sollecitati i donatori della comunità
internazionale, a cominciare dall’Unione Europea (UE), primo partner economico
di Bangui: servono con urgenza fondi da far confluire nelle casse dello Stato,
destinati al funzionamento delle istituzioni di transizione e al pagamento
degli stipendi di soldati e pubblici dipendenti. Bangui aspetta anche dai
vicini dell’Africa centrale un contributo diretto per ristabilire la sicurezza
nella capitale. Il mese scorso a N’Djamena si erano impegnati a dispiegare 2000
uomini nell’ambito della Forza multinazionale dell’Africa centrale (Fomac), ma
finora tempi e modalità dell’invio di nuove truppe non sono stati stabiliti.
Due giorni fa il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha
espresso la sua “forte preoccupazione di fronte al deteriorarsi della
situazione umanitaria e della sicurezza in Centrafrica” ma anche per
“l’indebolimento delle istituzioni”. Il vice segretario generale per gli Affari
politici Jeffrey Feltman ha chiesto alla comunità internazionale di “pensare ad
altre opzioni per stabilizzare” l’ex colonia francese. Da Parigi il governo
francese ha invitato i concittadini “la cui presenza non è indispensabile in
Centrafrica a lasciare il paese”.
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