domenica 5 maggio 2013

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maggio 3, 2013 - 19:15 CENTRAFRICA
“UN PAESE A TERRA”, TESTIMONIANZA DA BANGUI

 A cinque settimane dal colpo di stato che ha portato al potere la ribellione Seleka, la situazione rimane “molto instabile” e “preoccupante”: testimoni locali della MISNA contattati a Bangui riferiscono di saccheggi, arresti extragiudiziari e esecuzioni sommarie che “ci fanno vivere nella paura”. Anche se per le strade della capitale si vedono meno ribelli della coalizione guidata dal nuovo presidente Michel Djotodia, non vuol dire che “siamo tornati alla normalità, anzi più le settimane passano più le nostre speranze diminuiscono. Ormai il Centrafrica è un paese a terra” dice una fonte religiosa anonima per motivi di sicurezza. “La scorsa settimana mi hanno arrestato con una scusa assieme ad un mio confratello. Ci hanno maltrattato e hanno cercato di derubarci macchina e cellulare, poi per fortuna c’è stato un intervento dall’alto e siamo stati liberati” prosegue l’interlocutore della MISNA. “All’80% i ribelli che si trovano a Bangui non conoscono la città perchè sono stranieri, ciadiani e sudanesi, quindi parlano arabo e non sanno una parola di sango. Sono organizzati in gruppetti diretti da generali ma non esiste alcun comando unificato quindi di fatto la direzione della Seleka non ha alcun controllo sulla base. E’ questa è una cosa che ci preoccupa molto” dice ancora la fonte locale, confermando un fatto già emerso nelle scorse settimane.
“Le scuole e le pubbliche amministrazioni sono chiuse a causa dei saccheggi su vasta scala commessi nelle scorse settimane mentre le casse dello Stato sono vuote. Chissà quando i bambini torneranno a studiare” conclude la fonte della MISNA. Secondo dati diffusi dal Fondo Onu per l’infanzia (Unicef), almeno un milione di bambini centrafricani non può andare a scuola sia nella capitale che nelle principali città. L’Unicef ha imputato la crisi dell’istruzione alla distruzione massiccia delle infrastrutture, all’insicurezza diffusa e al mancato pagamento degli stipendi degli insegnanti.
 Stabilità, sostegno finanziario alle nuove autorità di Bangui e ritorno all’ordine costituzionale sono le tre problematiche al centro di un nuovo vertice straordinario in corso a Brazzaville, capitale della Repubblica del Congo, in presenza dei membri del Gruppo internazionale di contatto per il Centrafrica. Alla riunione convocata dai paesi dell’Africa centrale partecipano il mediatore regionale, il presidente congolese Denis Saasou Nguesso, e il suo omologo sudafricano Jacob Zuma. Gli Stati membri della Comunità economica dell’Africa centrale (Ceeac) sono invece rappresentati da ministri. Vengono anche sollecitati i donatori della comunità internazionale, a cominciare dall’Unione Europea (UE), primo partner economico di Bangui: servono con urgenza fondi da far confluire nelle casse dello Stato, destinati al funzionamento delle istituzioni di transizione e al pagamento degli stipendi di soldati e pubblici dipendenti. Bangui aspetta anche dai vicini dell’Africa centrale un contributo diretto per ristabilire la sicurezza nella capitale. Il mese scorso a N’Djamena si erano impegnati a dispiegare 2000 uomini nell’ambito della Forza multinazionale dell’Africa centrale (Fomac), ma finora tempi e modalità dell’invio di nuove truppe non sono stati stabiliti.
Due giorni fa il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha espresso la sua “forte preoccupazione di fronte al deteriorarsi della situazione umanitaria e della sicurezza in Centrafrica” ma anche per “l’indebolimento delle istituzioni”. Il vice segretario generale per gli Affari politici Jeffrey Feltman ha chiesto alla comunità internazionale di “pensare ad altre opzioni per stabilizzare” l’ex colonia francese. Da Parigi il governo francese ha invitato i concittadini “la cui presenza non è indispensabile in Centrafrica a lasciare il paese”.

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